5° incontro: 07/03/2016
“Dei progetti, del tempo, delle relazioni…”
Oggi non siamo molte, parecchie defezioni arrivano nelle ultime 12 ore per via di effetti collaterali delle terapie. Iniziamo l’incontro con due sole pazienti, ne arrivano in ritardo altre due.
Oggi però è un giorno speciale, abbiamo programmato un incontro tra le pazienti del gruppo dello scorso anno e quelle di quest’anno: ci sono 8 splendide donne a confronto, 4 che stanno affrontando il proprio percorso di malattia, 4 che hanno terminato le loro cure e sono pronte a raccontarsi e a testimoniare la propria esperienza a chi sta ancora cercando tanta forza e tanto coraggio dentro e fuori di sé.
Il confronto tra le presenti è molto dolce. Si articola su toni morbidi e voci pacate. Ciascuna mette in campo il suo: L. parla dell’importanza della motivazione, della voglia di vivere, di accettare le cose cosi come vengono…S. invece parla di un sé in evoluzione, in trasformazione. Dice che lavora tanto su se stessa, ogni giorno, per tirare fuori quello che ha dentro. Parla però anche della fatica, delle difficoltà, degli ostacoli che nel quotidiano rendono questo lavoro cosi duro.
V., una delle “vecchie” pazienti, chiede a S. cosa la blocca, se la malattia o altro… “il dolore psicologico e il dolore fisico…sono cose che sono stanca di provare, che non vorrei più provare”. Ancora una volta il dolore, la fatica, emergono come elementi di difficoltà, di paralisi, in queste donne cosi piene di speranza ma anche di paura.
R. racconta alle pazienti la sua esperienza, le difficoltà che ha avuto ad aprirsi, ad affidarsi, a rendersi conto che aveva bisogno di essere sostenuta. E poi racconta di quanto sia importante per lei prendersi cura innanzitutto di se stessi…seminare e poi raccogliere , riflettere e poi condividere. Regala a tutte le presenti una bustina di semi di vari fiori da piantare, il suo modo per portare al gruppo la speranza, il suo modo di testimoniare quanto sia importante seminare e poi saper aspettare che nascano i frutti. “Se seminiamo, qualcosa di buono nascerà sempre”.
Ci troviamo a parlare anche della differenza di “partecipazione” tra i due gruppi: a parte le oggettive difficoltà di partecipazione per chi sta completando dei cicli di chemioterapia, ci feriamo a riflettere su una differenza sostanziale, che ha a che fare con la capacità di creare legami, di stringere rapporti, di progettare amicizie. Chi fa terapie, vive ancora pienamente quel lutto della progettualità – tipico delle nostre pazienti -che non consente loro di immaginarsi nel futuro, e che impedisce di conseguenza qualsiasi tipo di “investimento nel tempo”; i legami rappresentano un “pericolo”, l’incertezza del futuro rende difficile stringere relazioni significative.
La scoperta di se stessi, dunque, una ricerca verso l’interno che parallelamente genera un rallentamento della progettualità e della proiezione in un tempo futuro. Questo movimento psichico è ciò che dara vita ad una persona nuova, ad una donna che dopo la malattia vivrà per prendere tutto, senza lasciare più nulla di ciò che la vita le offrirà.
S. ci fa commuovere quando porta la sua testimonianza: “sono morta il 6 novembre, e sono rinata il 6 novembre”… La diagnosi rappresenta ancora oggi per tante donne una sentenza di morte, una condanna. Ma può trasformarsi e diventare una rinascita, un punto di partenza per un sé tutto nuovo, per una vita diversa, e forse più ricca.