Questa pagina oggi la apriamo con un racconto,” Lo tsunami dell’anima” , di T. una “guerriera”del gruppo.
“Sometimes…somewhere …”
Quando ho conosciuto Federica la prima volta, in una calda giornata di metà luglio, ero seduta in una sala d’aspetto senza colore di un ospedale romano, in attesa del mio turno d’entrata per un esame radiografico.
Arrivata in netto anticipo mi guardavo intorno curiosa, osservando le persone che, come me, cercavano di ingannare l’attesa. E’ sempre così. Quando aspetti di fare qualcosa per cui non nutri alcun interesse il tempo si ferma, quasi non passa; invece, quando vivi momenti spensierati, gioiosi, corre velocemente e tu vorresti fermarlo.
Mancava ancora mezz’ora al mio appuntamento. Dopo aver sfogliato distrattamente un giornale prestato da una signora seduta accanto a me, mi sono accorta che c’era una “new entry” nel gruppo delle astanti. Non so bene come sia iniziata la conversazione, ma ricordo che quando ho visto Federica mi è venuta in mente la frase di Marcel Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
La signora del giornale ha cominciato a parlare di suo figlio sostenendo che, dopo essersi ammalato di tumore, non riesce più ad avere una storia stabile con una donna, perché, nel momento in cui viene pronunciata la parolina magica “malattia”, gran parte del genere femminile scappa. A questo punto sono intervenuta raccontando brevemente la mia esperienza. Anche a me, tre anni fa, hanno diagnosticato un carcinoma e, tuttora, convivo con quello che riguarda il post malattia, ma il mio rapporto con la vita è decisamente cambiato. Anzi, oserei dire, migliorato.
Oggi so apprezzare le piccole cose: la gioia di una giornata di sole, il sorriso inaspettato di uno sconosciuto, la bellezza di un tramonto, l’entusiasmo che mi trasmette una canzone, l’emozione che provo leggendo un buon libro, il gusto nell’assaporare una nuova ricetta, il piacere che mi regala un abbraccio.
“Pensare l’amore…”
Non posso dire di essermi misurata con una nuova storia d’amore, perché finora non ho incontrato l’uomo che “m’intrigasse”. Metto in conto ipotetiche fughe, nell’eventualità lo incrociassi, perché alcuni uomini, come del resto alcune donne, non sono molto coraggiosi. So che è difficile stare al mio fianco in questo momento. Penso lo fosse anche prima, poiché il mio affrontare con determinazione e tenacia la vita da single è stata causa di fuga di diversa “fauna maschile”!
Nel discorso della tipica mamma italiana, si è inserita Federica con la battuta: “Guardi che le difficoltà di suo figlio le vivo anch’io che sono una persona sana!” A quel punto la signora, in netta minoranza, si è congedata, affermando: “Se oggi mio figlio mi avesse accompagnato, avrebbe potuto cambiare idea!” Uscita di scena, Federica e io ci siamo guardate negli occhi e, all’unisono, abbiamo detto: “Forse il problema è proprio quel tipo di madre!!!”
Sorridendo per aver avuto lo stesso pensiero, abbiamo iniziato a raccontarci importanti stralci di vita l’una all’altra.
“Le onde del destino…”
Due sopravvissute: Federica allo tsunami del 26 dicembre 2004 che ha investito l’Oceano Indiano, io al carcinoma ovarico diagnosticato nel febbraio 2005.
Partita per il viaggio di nozze la vita di una giovane sposa viene sconvolta. Un destino baro ha fatto in modo che la “luna di miele”, di regola periodo idilliaco per una giovane coppia, diventasse la tomba di un amore che voleva solo realizzare il proprio futuro.
Anche il marito di Federica si è salvato e quest’esperienza ha modificato per sempre le loro esistenze. Anziché unire, ha decretato l’inizio dell’allontanamento definitivo. Al ritorno in Italia le loro personalità hanno subito una totale trasformazione. Lo tsunami aveva spazzato via le persone che erano. Federica è rinata a nuova vita, apprezzando la fortunache ha avuto; suo marito ha iniziato un cammino all’inverso che lo ha portato a rifiutare il mondo circostante per chiudersi in se stesso, senza ritenersi un privilegiato.
Neanche un anno e questo matrimonio ha conosciuto la parola fine.
Come tutte le donne coraggiose, Federica ha ripreso in mano la sua esistenza raccogliendo i cocci dei sogni infranti, affrontando la sofferenza della separazione, dedicandosi al lavoro e consolandosi con l’affetto della sua famiglia.
Nel raccontarci l’una all’altra abbiamo scoperto di avere gusti in comune, di essere nate nello stesso mese a pochi giorni di distanza, anche se io sono venuta al mondo una decina di anni prima.
Quel giorno di mezz’estate ho incontrato una donna solare, sensibile, che sa comunicare ed ascoltare. In breve, una persona in sintonia con me. Ci siamo scambiate numeri telefonici ed indirizzi e-mail per non perderci di vista.
La mia storia inizia due mesi esatti dopo quella di Federica, quando, in seguito ad un check up annuale, mi viene diagnosticato un carcinoma ovarico che mi porterà a lottare per undici mesi, passando attraverso due interventi e dodici bombe di chemioterapia.
Durante i molteplici ricoveri ho conosciuto due persone indimenticabili, che sono diventate le mie migliori amiche. Ma chi ha compiuto il “miracolo” è il professore che mi ha operato. Lo porto nel cuore ed ora, prima dei controlli, quando mi vede mi regala dei sorrisi che hanno per me un significato profondo. Mi stringe la mano e non me la lascia più. Adesso che la barriera della sua timidezza iniziale è stata abbattuta, mi concede anche di appoggiare la testa nell’incavo della sua spalla per trovare quella complicità che s’instaura solo tra due persone che hanno dato il meglio di sé: lui nello svolgimento della sua professione con grande sensibilità, io nella veste di guerriera intraprendente e valorosa.
“Togli l’apparenza e prendi il senso…”
La mia tenacia, la ferrea volontà e l’attaccamento alla vita mi hanno fatto vincere una dura battaglia, anche se sono consapevole che la guerra potrebbe non essere finita. Il nemico è sempre in agguato, ma io non mollo mai la guardia.
La luce del coraggio ha sconfitto il buio della paura.
Oggi amo la vita come non credevo si potesse amare. Scopro ogni giorno quanto sia stupendo abbandonarmi alle emozioni, alle piccole gioie e ai grandi affetti manifestati da chi mi è stato sinceramente vicino, senza chiedere nulla in cambio.
Soprattutto, voglio bene a me stessa e alla stupenda donna che sono diventata. Non è immodestia la mia, ma sana ed autentica autostima. Soffrendo ho appreso molto e mi sono misurata con i miei limiti.
Le sfaccettature della malattia sono stati tanti piccoli viaggi alla scoperta della mia anima. Ho messo insieme ogni piccolo tassello che mi ha svelato il mistero della mia esistenza per spingermi a vivere con totale pienezza.
Dopo l’incontro con Federica ho pensato che ad entrambe è stata data un’altra opportunità e l’abbiamo saputa sfruttare riscrivendo le nostre esistenze con l’inchiostro della gioia.
Le nostre nuove vite sono ripartite da un viaggio dentro noi stesse, scoprendo risorse inesauribili e tesori inestimabili.
Quella sala d’aspetto, anonima e apparentemente priva di colore, ci ha fatto un grande dono: ha consentito di fermarci ad ascoltare il racconto di due splendide storie. ( T.)
E la forza creante del gruppo si traduce ancora in energia poetica:
“L’introduzione poetica”
Frugano fra i ricordi
le anime
tenute al guinzaglio.
Ciottoli di dolore
intralciano ancora
la strada dell’ultimo
miracolo invocato.
Ma il miracolo avviene!
Con paramenti sacri
il tempo svolge
il compito più arduo
RICORDARE SENZA PAURA
Regala a ognuna un foglio
un foglio solo
dove annotare che oggi
noi, terrorizzate
dalle parole,
dominiamo l’assoluto
dei superlativi,
e il nostro sorriso
è la luce abbagliante
della sala operatoria.
“Tu chiamale se vuoi…emozioni”
Qualche volta le emozioni del primo incontro semprano quasi troppe, e troppo violente. Il timore e’ che qualcuna decida di non tornare perché non pronta, non capace di esplorare oltre.
Invece…le donne arrivano nella stanza piano piano…in punta dei piedi, alla spicciolata. Ad accoglierle ci sono come sempre le Dott.sse Barbara Costantini e Letzia Lafuenti.
La prima paziente che arriva esclama, con un’ironia mista di timore: “Ma dove sono tutte? Non mi avranno mica lasciata sola…!”.
Ma poi eccole, sedute intorno al tavolo, pronte a ricominciare, a rimettersi in discussione, a condividere, a lasciarsi andare, ad avere paura.
“La paura al centro”
La paura è il tema principale dell’incontro.Prende corpo immediatamente, tanto da sentirla li, in mezzo a al gruppo, da percepirla negli sguardi delle donne.
Quasi tutte leggono :
T. legge il proprio racconto ” Lo tsunami dell’anima” con il quale abbiamo aperto la pagina.
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Legge C. e condivide con il gruppo una fragilità meravigliosa, che nasconde una grande voglia di combattere ancora: C.ha levato il suo cappello, quello che durante lo scorso incontro non era riuscita a togliere.Scopre il suo capo, con i suoi capelli cortissimi ma fieri. Ha riserbo del del suo pianto, ma il gruppo la accoglie, la sostiene, la consola: R.le dice “piangi…non devi vergognarti, le lacrime sono l’espressione più alta del genere umano…”.
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V.legge le proprie riflessioni, lei pone al gruppo tante domande…sul perché siamo qui, su quale aiuto può dare lei, cosi spaventata, a qualcun altro. Dice di aver visto negli occhi di tutte le sue compagne di viaggio la Paura.
La Paura anche nel sentirsi dire di essere guarite..
La Paura anche in chi si prende beffa della morte (riferendosi ad Ughetta)…“nonostante tutto, nonostante le chiacchiere, i sorrisi,avevamo tutte gli stessi occhi di paura”.
V. ha sempre chiamato il cancro “quella cosa”, non è mai riuscita a nominarlo. Oggi, riesce a pronunciare il nome di quella malattia che le ha cambiato la vita, forse perché c’è un gruppo, adesso, che la sostiene e che può contenere le emozioni celate dietro quella parola.
Gli appunti di V.
R.legge i suoi appunti, condivide le sue emozioni, i suoi stati d’animo…è incazzata, si chiede: ” perché nella mia vita meravigliosa e’ capitata questa cosa”?. Parla della sua paura, delle sue perdite vissute come “punizioni”, vissute con il senso di colpa di chi sopravvive al mostro (ndr: il cancro).
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M.A.non ha scritto nulla…dice che probabilmente è stata una rimozione, un modo per prendere le distanze dalle sue paure, dalle emozioni evocate nello scorso incontro. Ci racconta però di come la malattia per lei sia un ricordo, “una cosa sfumata che tu puoi colorare con i colori che vuoi…lo pui controllare il ricordo, la vita no, non la puoi controllare…”, per questo fa paura.
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P.riflette, si pone – e pone al gruppo – delle domande…“proviamo a non fare sempre lo zoom sul tumore, il cancro, la neoplasia…noi potremmo anche fingere di essere un gruppo di donne abbandonate dai mariti, per dirne una…e comunque saremmo qui a raccontare la nostra rabbia, la paura, la disperazione: la scelta di vivere o non vivere fa parte delle scelte di tutti i giorni, è una predisposizione ad affrontare le cose…una scelta di non-vitaè anche, per dire, la tossicodipendenza (tutti sappiamo che la droga fa male…), è il decidere di non fare scelte, è fare cose autolesive, pericolose…In ogni contesto, le redini della nostra vita le teniamo sempre in mano noi siamo noi a decidere come affrontare quello che ci capita”.
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M., infine, sottolinea la forza di questo gruppo, dice di aver pensato “a quante belle persone ha incontrato e di quante cose sta condividendo”.
Si affaccia timidamente nel gruppo anche il tema della sessualità…una donna , in chiusura dell’incontro, chiede alle altre se qualcuna condivide con lei il cambiamento della vita sessuale…
L’argomento e’ rimandato alla prossima riunione perché questa tema merita il giusto spazio per essere sviscerato.
Le keywords della giornata sono esplicative:
- ” Vai a quel paese tumore!”
- “Ce la facciamo amica la morte…e vaffa…!”
- “…e che cavolo, manco l’esclusiva del cancro!”