Sesto incontro del nostro gruppo. Oggi ci sono 6 donne assenti, ma il gruppo riesce comunque a lavorare bene e con forte coinvolgimento.
Le presenti hanno portato frappe, dolci e spumante per festeggiare il carnevale. Arrivano sempre un po’ prima dell’orario stabilito, come per anticipare il loro appuntamento, come per avere più tempo per stare insieme. I saluti sono sempre caldi e affettuosi. E’ evidente una forte appartenenza ed una coesione tra le donne, sono informate delle eventuali assenze attraverso il loro gruppo Facebook (un gruppo creato da loro , che hanno chiamato “Vita”).
E’ R. che prende subito la parola e dice al gruppo : “quanto mi siete mancate, mi sono accorta che voglio venire e ci tengo a venire!”.
Il lavoro richiesto per oggi, era quello di portare al gruppo un’esperienza di lettura personale (legata alla malattia, ma anche semplicemente alla propria vita, aldilà di questa esperienza) che avessero il piacere di condividere con le altre.
Prima di iniziare con i Libri scelti dalle singole partecipanti, leggiamo loro uno scritto che ha portato con sé M., dal titolo ‘Il Tempo e la Scrittura’: “Ho imparato a vivere il presente, a ripercorrere con gioia il passato, a non preoccuparmi più tanto del domani. Amo il giorno. Il giorno dopo mi sorprende sempre di più. Dopo la malattia, lo riempio e lo allungo tanto da non volere che cali la sera. Amare la vita, decidere per la vita, è quello che più ti aiuta in ogni avversità. Anche dalla malattia non mi sono fatta vivere. Ho cercato con tutte le mie forze di affrontarla alla pari, nonostante il grande dolore della mia Anima. Non sempre è stato semplice ma è stata l’unica condizione che mi ha permesso di non perdere la mia dignità. Sì perché ogni malattia, al pari del cancro, vorrebbe impadronirsi di te… e tu non permetterglielo. Talvolta mi sembra di vivere fuori dal mondo, fuori dal tempo come fossi “svagata”, attenta però a girare attorno ad ogni ostacolo. Che sensazione, quasi liberatoria. Sto pian piano recuperando la voglia di scrivere. La scrittura è l’amica alla quale puoi aprire il tuo cuore e confidarle tutto. Avevo interrotto il nostro rapporto per tutto il tempo della mia malattia. Ora capisco quanto mi è mancato. La mia testa è un fiume di parole e di pensieri che si stanno ricomponendo come il meraviglioso puzzle della mia Vita. Possiamo veramente metterci alle spalle ogni triste percorso”. Bellissimo il testo che M. condivide con noi, bellissima lei, che riscopre ogni giorno se stessa ed ha la forza, e il coraggio, di non averne paura. Bellissima la capacità di ri-conoscere la forza e la potenza della scrittura come terapia per l’Anima.
Leggo poi il messaggio di P., assente per motivi di salute, che chiede comunque di portare al gruppo la lettura da lei scelta, nello specifico “Non c’è silenzio che non abbia fine”, di Ingrid Betancourt, scritto durante la sua prigionia. “Non è il libro più bello che abbia letto” scrive P., “ma fa capire come in certi momenti difficili si riveda la propria vita e si apprezzi ogni singolo istante, ogni piccola gioia. Un po’ come è successo anche nell’esperienza che ci accomuna!”.
Leggiamo poi al gruppo la mail di U., e il testo da lei scelto da condividere: “Carissime tutte”, scrive, “anche questa volta voglio essere presente con uno scritto che ho avuto la fortuna di scoprire nei lontani anni settanta e che mi ha dato la forza di accettare la malattia e la morte, non solo di persone a me carissime, ma anche la mia. Un abbraccio”. La lettura a cui U. fa riferimento è “Essere e Divenire” ed. Mediterranee, in particolare la pag. 235.
R. ci parla della sua ‘ansia da foglio bianco’: “tutto quello che ho scritto in passato erano cose tristi. Oggi mi sento bene. Ho un foglio bianco davanti e non voglio metterci cose negative, perché tutto sommato sto bene, io mi sento bene, oggi nella mia vita ci sono cose belle. Ed io non sono più abituata a scrivere cose belle. ..ho paura di non essere più capace!”. Inizia lei la propria condivisione tra le presenti di ben 3 testi che ha selezionato:
“Distacchi”, di Judith Viorst, Ed. Frassinelli
(chiede a T. di leggere per lei la poesia che ha scelto a pag. 50, che narra della difficile relazione tra madre e figlia).
La poesia si intitola “GUARDAMI”, di Cynthya Macdonald):
Dipinsi un quadro – cielo grigio – e lo mostrai a mia madre.
Lei disse bello, suppongo.
Così ne dipinsi un altro, tendendo il pennello tra i denti,
Guarda mamma, senza mani. E lei disse
Suppongo che verrebbe apprezzato da qualcuno che sapesse
il modo in cui lo hai dipinto e fosse interessato alla pittura.
Io non lo sono.
Suonai un assolo col clarinetto del Concerto Per clarinetto di Gounod, con la Filarmonica di Buffalo. Mamma venne ad ascoltare e disse
Bello, suppongo.
Così lo suonai con la Sinfonica di Boston,
sdraiata e usando gli alluci,
guarda mamma, senza le mani. E lei disse
Suppongo che verrebbe apprezzato da qualcuno che sapesse
il modo in cui lo hai suonato e che fosse interessato alla musica.
Io non lo sono.
Preparai un soufflé alla mandorla e lo offrii a mia madre
Disse buono, suppongo.
Così ne preparai un altro usando il fiato per montarlo,
glielo servii con i gomiti,
Guarda mamma, senza le mani. E lei disse
Suppongo che verrebbe apprezzato da qualcuno che sapesse il modo in
cui lo hai preparato e che fosse interessato alla cucina
Io non lo sono.
Così disinfettai i polsi, eseguii l’amputazione, gettai
le mani e andai da mia madre, ma prima che potessi dire
Guarda mamma, senza mani, lei disse
Ho un regalo per te e insistette perché io provassi
i guanti di capretto blu per accertarsi che fossero della mia misura.
(Cynthya Macdonald, Complimenti)
R. condivide con il gruppo il complesso rapporto con la madre, e realizza di aver “utilizzato” la malattia come strumento per essere vista. Ora inizia a vivere, a crescere, a svincolarsi dalle figure genitoriali. Ci dice che ogni volta che sente di fare grandi passi avanti nella sua vita, sente un forte desiderio di cambiare casa: il parallelo che proponiamo è proprio quello legato al processo di svincolo dalle figure genitoriali, dove la casa rappresenta un utero materno, e il cambio casa rappresenta un processo di crescita, di separazione. “E’ una cosa intima che volevo condividere con voi perché ora mi sento pronta”, conclude R.
“Cancro, non mi fai paura”, di Fabio Salvatore, Aliberti Editore. Un libro, secondo R., che fornisce il giusto approccio alla malattia:
Si, lo penso e te lo dico. Non mi fai paura.
Non mi fai paura, perché mi pensi.
Non mi fai paura, perché mi respiri la vita.
Non mi fai paura, perché mi ascolti.
Non mi fai paura, perché scivoli via con me. Lontano da mee per sempre con me
“L’Eleganza del Riccio”, di Muriel Barbery, ed. E/O (collana ‘Dal mondo’), R. lascia a T. il racconto di questo libro, poiché lo hanno portato entrambe.
M. interviene osservando che “la malattia o ricompone o sfascia, distrugge…non c’è via di mezzo, non ha mezze misure, e chi c’è intorno non può avere delle mezze misure. E’ un’esperienza talmente forte, che nessuno può mascherarsi…la chiamiamo ri-nascita proprio perché tutto ciò che va via con la malattia è ciò che in effetti DEVE andare via, resta solo ciò che è autentico, sincero, e ci sentiamo ri-nati”.
C. ci racconta del libro che lei ha scelto, “La brevità della vita”, di Seneca (la sua versione è a cura di Alfonso Trina, ed. BUR Rizzoli). Legate al libro le riflessioni che C. condivide con il gruppo:
“Questo libro mi ha fatto capire di quanto tempo si perde nel corso della nostra esistenza…si vive infatti come destinati a vivere per sempre…non facendo caso a quanto tempo si è trascorso in litigi, corse per tutta la città, malattie fabbricate da noi; inoltre aggiungendo il tempo inutilizzato e possibile vedere che si ha ‘meno anni di quanto ne conti’. Magari è proprio quando accade un qualsiasi avvenimento importante, o quando si è giunti alle “ultime ore”, che comprendiamo di essere stati tanto tempo occupati a non far nulla. Bisogna occuparsi più della qualità della vita che della quantità, anche perché abbiamo abbastanza tempo…se non è sciupato. Difatti ‘non c’è motivo di credere che uno sia vissuto a lungo perché ha i capelli bianchi o le rughe: non è vissuto a lungo, ma è stato al mondo a lungo’. Un’ altra frase che mi ha colpita è questa…’la vita si divide in tre tempi: passato, presente e futuro. Di essi il presente è breve, il futuro incerto, il passato sicuro’.”
C. non ha scritto nulla. Questa volta resta “in silenzio”, ascolta. Soprattutto la poesia di R., quella che parla del legame madre-figlia. La sua spontaneità è un dono prezioso per il gruppo, forse stavolta messa a tacere da emozioni troppo forti. Mi dice, in un secondo momento che avrebbe voluto parlare di un libro, ma che poi non è riuscita a farlo, sospesa tra il desiderio di condivisione, e la sensazione di non essere “all’altezza” di poterlo fare.
Anche T., come R., ha scelto “L’Eleganza del Riccio”, di Muriel Barbery, ed. E/O (collana ‘Dal mondo’). Ci dice che durante la malattia non ha dedicato molto tempo alla lettura, quanto invece alla scrittura. Il capitolo che ci legge è il 18° – Rjabinin.
“L’eleganza del riccio’ è un libro significativo per me perché cita altri testi che ho letto e che ho molto amato: “Anna Karenina”, “Guerra e Pace”, “Alla ricerca del tempo perduto”, e fa riferimenti a libri filosofici, storici, a musica e film, altre mie due passioni. La lettura è entrata a far parte della mia vita sin dall’adolescenza. Leggere per me significa intraprendere un viaggio in compagnia dei protagonisti della storia che racconta il libro. Sia che mi accompagnino per pochi giorni o per mesi, alla chiusura di ogni libro mi sento arricchita e appagata. Un libro non ti fa sentire mai sola e sa darti molto più di quanto, a volte, non sappiano fare le persone”.
Conclude raccontandoci – nel suo ormai tipico linguaggio sarcastico – della comunicazione che il prof. Scambia ha dato alla sua famiglia dopo l’intervento, quando “… neanche lui ce sperava, e manco lui lo poteva sapè…’a prof, ma che ne sapevi tu che oggi sarei stata qui? non me prende in giro….non ce speravi manco te!”.
E invece T. è qui, qui con noi, qui per noi, a regalarci un sorriso, un’emozione, una lacrima. Forse è qui anche per se stessa, in fondo.
Ci lasciamo qualche minuto dopo la fine del consueto orario…a proposito di “distacchi” e separazioni, che oggi il tema dominante. Difficile il distacco dal gruppo, difficile allontanarsi da chi ci fa stare bene, da chi sa condividere, da chi sa ascoltare.
Il tema per la prossima volta è quello di scrivere di ciò che desiderano, di qualcosa che avrebbero voluto condividere ma che ancora non sono riuscite ad esprimere. Di un argomento importante per loro e per la loro storia.