Una parola che splende
Nonostante Ildegarda ambisse a una conquista razionale o almeno ragionante della rivelazione del sacro, non esiste la più remota possibilità di chiudere una parola che splende pari a un attributo divino anche oltre il proprio significato. La viriditas.
Neppure la mistica Ildegarda di Bingen che l’ha coniata e illustrata oltre il suono e la lettera, inserendola in tutte le proprie dottrine, l’ha fatto.
Maurizio Osti, un artista cercante, l’ha trovata nello sterminato volume delle visioni di sant’Ildegarda, tale a una Lampada che rende manifesta ogni cosa e simultaneamente lega a ogni cosa non manifesta. Non c’è dubbio che la pur magistrale storia del color verde di Pastoureau non basterebbe a esaurirla.
La “viriditas” è un termine intelligibile che però supera ogni singolo riferimento a oggetti sensibili. È la natura; ma la natura (che non è solo il mondo verde) messa in relazione con le luci di Dio (un Dio poli-deistico, “di tutti, nessuno escluso” – il poeta dice); la quale può essere compresa al primo grado come natura, ma anche superare i sensi estrinseci per penetrare nella luce del Logos foggiato dalle mani del Verbo.
Il Verbo è verde (Cristo è la pianta, la vite, l’albero; lo Zohar mette in relazione l’albero con la parola) ma possiede altresì il colore e il calore del fuoco, del sole, dello splendore (come il nome di Dio nella mistica ebraica sta per “splendore”) che è fede e conoscenza. Maurizio e Arianna Osti l’hanno ritrovata e rivestita con un talento grafico e ideografico che attrae per ariosità gioiosa, per incontenibile estasi focosa e panica. La pongono ora sotto i nostri occhi. A dire il vero non avremmo mai dovuto perderla di vista. Essa circola pari a sostanza e relazione dentro il nostro corpo e nel corpo di tutti i viventi. Essa sfolgora anche in tutti gli altri corpi, come quelli celesti che bruciano le tenebre. È la linfa che un idolatra della vita come Whitman ha rincorso in ogni maglia del Reale, è il “carro della Vita” spinto dall’onda dell’amore che Shelley inneggia nell’omonimo “Trionfo” e che tutti i poeti (e i mistici con essi) hanno celebrato attraverso la lingua e il palato, con il sapore, con la sensualità, e con la medicina infine come sant’Ildegarda.
Chiunque professi l’Unicità (miscredente e preso dall’oscurità chi non la professa è secondo il poeta mistico Rumi), parla con ragioni non lontane della viriditas che brucia e bagna perché splende come l’amore radicato nella percezione e nella conoscenza, trovando infine la sua sintesi nell’uomo – come Ildegarda afferma, qualificandosi per la prima grande antroposofa dell’Occidente. Essa scrive nello sterminato libro delle visioni: “Nella struttura del mondo l’uomo è come nel centro […]e, pur essendo modesto di statura, è grande per la virtù dell’anima; avendo infatti la capacità di muovere la testa verso l’alto e i piedi verso il basso, raggiunge sia gli elementi superiori che quelli inferiori […] L’uomo è celeste e terrestre […] e quindi la forza della sua anima […] è paragonata alla rotondità della terra, e agisce sia secondo la natura della carne, sia secondo la propria natura”. La parola della mistica di Bingen è davvero come un “acciaio” perché non è tutta di aria (ánemos) ma è anche di carne, “è rotonda di sotto come di sopra”, come la terra e l’acqua e il vento alimentano lo splendore del fuoco dello Spirito e le foglie d’erba che costituiscono le gioie degli occhi dell’uomo e della vera scienza. La poesia è “energia verdeggiante” e se non vuole inaridire come un ramo tagliato dall’albero deve verbigerare, ma anche verdeggiare, come il Logos, il Verbo che ignora che cosa sia l’aridità e tocca col fuoco verbigerante della Parola un poeta come Dino Campana.
Luca Cesari
Il Calendario Viridats è stampato da Pazzini Editore